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Quando una pubblicazione accademica scatena l’austerità.

(di Giulio Betti, postato il 16/06/2017).

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Nel 2009 Alberto Alesina e Silvia Sardagna, economisti italiani in attività presso il dipartimento economico della facoltà di Harvard, pubblicarono il lavoro accademico "Large Changes in Fiscal Policy: Taxes versus Spending".

La pubblicazione scientifica affermava che i tagli di spesa pubblica erano da preferirsi agli aumenti delle tasse per ridurre il deficit pubblico. Il lavoro analizzava vari episodi storici in cui tagli alla spesa pubblica non avevano determinato alcuna recessione. Questo articolo diventò un caposaldo di quella politica che successivamente sarebbe stata rinominata "Austerità espansiva", e fu  adottata in molti paesi del blocco Eurozona, come risposta alla crisi dei debiti pubblici del 2010-2011 (che in realtà era una crisi di debito privato). L'articolo fu citato più volte tra il 2010 e il 2012 a supporto delle tesi pro-austerità dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale Europea.

Nei fatti l'austerità applicata in Eurozona ha invece ridotto significativamente la domanda e l'occupazione, con un parallelo aumento del rapporto debito pubblico/pil. Dalle istituzioni europee è stato scientemente frainteso un concetto riportato nell'articolo: mentre la pubblicazione affermava che "l'austerità non porta per forza e in ogni caso ad una recessione", si è invece inteso che "l'austerità è l'unica via percorribile per migliorare i conti pubblici, evitando le recessioni".

In realtà ci son stati dei casi in cui è stata applicata l'austerità senza conseguenze negative per l'economia, ma sono spiegabili con l'intervento contemporaneo di altri fattori che hanno mitigato quelle stesse politiche. Ad esempio l'Italia uscì dal Sistema Monetario Europeo nel 1992, applicando successivamente forti misure di austerità, ma il Pil non si contrasse pesantemente poiché allo stesso tempo vi fu la svalutazione della Lira e un calo netto dei tassi di interesse. Tassi di interesse che nei mesi precedenti all'uscita dallo Sme erano altissimi proprio perché si cercava (inutilmente) di difendere il cambio attirando investimenti esteri, oltre a sperperare le riserve valutarie estere nel tentativo di apprezzare la Lira stessa. Il Pil tornò dunque a crescere nel 1994. Le misure di austerità furono compensate dalla svalutazione della Lira, che fece crescere le vendite sia all'estero che sul territorio nazionale. Ma l'austerità da sola è un fattore depressivo; prendere dei casi storici estrapolandoli dal contesto, e senza tener conto degli altri fattori dell'epoca, è fuorviante e può determinare l'applicazione di politiche sbagliate in altri contesti, come nell'Eurozona.

 

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