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La MMT e le bugie delle politica – il caso immigrazione.

(di Marco Cavedon, postato il 24/02/2017).

Sovente si sente dire da parte di molti che, una volta che si siano ben compresi i principi della Modern Money Theory relativamente al fatto che uno stato a moneta sovrana si “inventa” il denaro che utilizza per spendere, cadono le bugie che vorrebbero dipingere l’accoglienza di immigrati nei paesi occidentali come un costo e un problema per l’economia, spesso attribuite da movimenti politici di sinistra e neoliberisti ai partiti di destra.

Al di là del fatto che a mio modo di vedere è assurdo e sbagliato trattare un problema così complesso e problematico come quello dell’immigrazione solo da un punto di vista economico perché da considerare ci sono moltissimi altri fattori di natura sociale, antropologica, culturale e religiosa, vediamo comunque come in base a quegli stessi principi economici siano altresì scorrette molte delle posizioni assunte dai partiti tradizionalmente considerati di sinistra o di matrice neoliberista (pensiamo alle opinioni espresse più volte da Gianfranco Librandi, esponente di scelta Civica, il partito fondato da Mario Monti nel 2013).

 

Analizziamo uno ad uno ciascuno di questi falsi miti o affermazioni comunque tendenziose.

1) Gli immigrati sono importanti per la nostra economica perché contribuiscono per una parte significativa del nostro PIL e quindi “creano ricchezza”.

Ma cosa significa esattamente questa affermazione ?

Il PIL è la misura del valore di mercato di tutte le merci e servizi prodotti nei confini di uno stato in un dato tempo, altresì definito come il reddito di una nazione dovuto allo scambio di questi beni e servizi; ma il fatto che dentro un determinato paese ci si scambi più beni e servizi significa forse che in termini finanziari si può dire che la popolazione si è arricchita al netto ?

La risposta è no, in quanto il PIL rappresenta un flusso finanziario (derivante appunto da uno scambio) e non uno stock. Per fare ben comprendere questo concetto, poniamoci nell’ottica del seguente esempio (semplificato). Ad un tempo zero (t0) in un determinato territorio ci sono due persone ed un settore governativo che assume una delle due. Questa persona offre un servizio allo stato (ad esempio viene assunto per fare delle pulizie) e viene pagato 4 Euro per un’ora del suo lavoro. Dal momento in cui questa persona ha fornito un servizio allo stato, si può quindi dire che il PIL di questa nazione è ora pari a 4 Euro. Se la seconda persona vende alla prima un altro servizio (ad esempio per fare delle pulizie presso la sua dimora) e viene pagata 2 Euro per un’ora di lavoro, a questo punto il PIL sarà di 6 Euro. Si può forse dire che la ricchezza finanziaria al netto dell’intera popolazione al tempo zero è quindi pari a 6 Euro ?. No, perché al netto in quella determinata economia saranno sempre presenti 4 Euro in quanto il settore governativo sovrano della sua moneta ha creato ed immesso nel settore di cittadini ed aziende con la spesa pubblica quella quantità di moneta.

Poniamoci ora al tempo t1: in questa nazione abbiamo altre due persone di origine straniera, ciascuna delle quali offrirà ai due cittadini autoctoni un’ora del suo tempo ad 1 Euro per fare delle pulizie. Il reddito netto di ciascuno dei due cittadini autoctoni quindi da 2 passa ad 1 Euro e il reddito dei due cittadini stranieri sarà pari ad 1 Euro ciascuno. A questo punto, considerando il flusso finanziario totale dal tempo t0 al tempo t1, avrò quindi un PIL pari ad 8 Euro. Posso forse dire che in quella nazione il denaro al netto è aumentato ? No perché la quantità complessiva al netto di valuta in possesso dell’intera popolazione è sempre pari a 4 Euro. Anzi, i cittadini autoctoni saranno più poveri di prima perché si troveranno a dover spartire la ricchezza finanziaria nazionale con altre due persone, che giustamente avranno bisogno anche loro di un reddito per poter vivere. L’unica cosa che può pertanto fare aumentare la ricchezza finanziaria della popolazione al netto è un incremento della spesa dello stato, in quanto il settore privato può solo scambiarsi il denaro, non lo può creare dal nulla.

I cittadini stranieri in Italia contribuiscono al PIL complessivo per circa l’8,8%, una frazione perfettamente proporzionale alla loro incidenza sulla popolazione totale autoctona (pari a circa l’8,3%); questo significa che l’incremento di flussi finanziari necessario a generare reddito per i nuovi arrivati è proporzionale al numero degli stessi e, come abbiamo sopra esposto, che l’aumento di questi flussi non significa affatto che la popolazione globalmente sia più ricca, come peraltro testimoniano i dati sull’andamento della povertà nel nostro paese.

 

 2) Gli immigrati ci pagano le pensioni tramite i contributi versati.

Anche questa affermazione è frutto di una totale incomprensione del funzionamento dei sistemi monetari. Abbiamo infatti sopra esposto come in verità il denaro può essere creato e speso in primis solo dallo stato (ora purtroppo Banca Centrale Europea) e per far sì che ci possa essere un PIL nazionale e che possano essere versati dei contributi sui redditi percepiti lavorando, a fronte di tutto questo ci deve essere prima la spesa da parte del settore pubblico statale, che immette denaro nel settore privato di cittadini ed aziende.

Un aumento dei contributi pensionistici versati potrà avvenire solo a seguito di un incremento del PIL, ma se questo incremento non avverrà a seguito di una maggiore spesa pubblica con conseguente immissione di nuovo denaro nell’economia, allora necessariamente i cittadini autoctoni dovranno spartire con i nuovi arrivati una quota del loro reddito, di fatto impoverendosi. I cittadini stranieri quindi di per sé non portano alcuna nuova ricchezza finanziaria al netto nell’economia di una determinata nazione.

Da notare inoltre come i contributi pensionistici versati dai cittadini stranieri nel 2014 siano stati pari a 11 miliardi di Euro, a fronte di un totale di entrate per l’INPS pari a ben 119,1 miliardi nel solo primo quadrimestre del 2014.

 

3) Gli immigrati fanno i lavori che gli sfaticati italiani autoctoni non vogliono più fare.

Gli italiani in verità non vogliono fare dei lavori non sufficientemente pagati e con scarse tutele (e anche questo è vero fino ad un certo punto). Nella trasmissione televisiva “Quinta Colonna” su Rete 4 (puntata del 20-02-2017) il conduttore televisivo Cecchi Paone è giunto a giustificare il fatto che datori di lavoro senza scrupoli sfruttino la manodopera straniera a basso costo con riferimento al fenomeno del caporalato (prassi addirittura illegale), adducendo come motivazione che non esistono nel sistema economico risorse finanziarie sufficienti per pagare dignitosamente queste persone.

Anche questo ovviamente, come ben si evince dalle motivazioni sopra esposte, è un falso assodato per uno stato a moneta sovrana e un vero problema solo ora con l’euro, moneta straniera che lo stato è costretto ad elemosinare dai mercati dei capitali e che non può creare senza limiti al fine di tutelare l’economia reale e i diritti di tutte le classi sociali, se necessario anche con misure attive di sostengo al reddito. Un’altra motivazione fornita da Paone circa l’ineluttabilità dell’immigrazione di massa si fonda sul fatto che, a suo dire, il milione di immigrati fatti entrare dal premier tedesco Angela Merkel in Germania nel 2015 avrebbe contribuito in maniera fortissima ad un miglioramento dell’economia di quel paese. I dati reali sembrano però smentire in maniera secca questa ipotesi (vedi figura 1), in quanto se uno stato non mette in atto politiche di sostegno della domanda interna e basa la sua economia sul super export (e la Germania ne sa qualcosa con un quarto della sua forza lavoro impiegata in minijobs), immigrati o non immigrati, le performance economiche di quella nazione non saranno mai soddisfacenti.

 

Fig. 1: andamento percentuale del PIL della Germania (dati trimestrali).

Descrizione: Descrizione: Descrizione: Descrizione: Descrizione: Descrizione: Descrizione: Germany GDP Growth Rate

Nella figura di cui sotto invece si evince l’andamento del prodotto interno lordo dell’Italia per gli anni che vanno dal 1983 al 2006. I fenomeni migratori cominciarono ad avere un notevole impatto nel nostro paese solo a partire dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, senza che questo abbia comportato dei miglioramenti alle performance economiche del nostro paese (che anzi sono peggiorate, a causa dell’attuazione delle politiche di contenimento della spesa pubblica imposteci dai trattati europei).

 

Fig.2: variazione percentuale PIL a prezzi costanti per l’Italia (dati FMI).

Tutto ciò sta a testimoniare come qualsiasi sia la politica scelta da una determinata nazione circa l’ingresso di cittadini stranieri, se alla base non c’è la volontà da parte del governo di attuare politiche di tutela della domanda interna, della piena produzione di beni e servizi e della piena occupazione nel rispetto dei diritti dei lavoratori, il risultato finale in termini economici non potrà essere positivo.

 

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