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Sovranità, libertà, piena occupazione.

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Situazione post referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Quali prospettive ?

(di Marco Cavedon, postato il 09/12/2016).

 

 

Con il suo “NO” alla riforma costituzionale del governo Renzi, Il popolo italiano ha dimostrato senz'altro maturità e non ha ceduto al vero “populismo” (o per meglio dire, demagogia), ossia, quello che ci vuole far credere che i problemi dell'Italia dipendano dagli sprechi della politica, dai furbetti che non timbrano il cartellino e dalla corruzione negli appalti pubblici, quando in realtà il vero problema sta a monte ed è molto più grave.

Senz'altro c'è stata anche una componente anti-Renzi che ha determinato tale risultato, assolutamente legittima dal momento in cui il PD è attualmente il principale partito complice della svendita della sovranità dell'Italia alle istituzioni europee, che sono la vera causa della crisi democratica, sociale, economica e valoriale in cui ci troviamo.

Ma questo è stato solo un piccolo passo, per dipiù per evitare il peggio. La vera soluzione può venire solo mediante un cambiamento radicale della mentalità oggi imperante (perlomeno nei media), attraverso la riscoperta di valori quali la libertà, l'identità, la cultura e le tradizioni di ogni singolo popolo (chiaramente nel rispetto reciproco). E il solo concetto della lotta al neoliberismo non basta per cementare i sentimenti di cui sopra, in ballo in verità c'è molto di più !     

Come già accaduto in occasione del risultato del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e dell’elezione di Donald Trump quale nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, nulla di quanto paventavano economisti ortodossi, i principali media e i mercati dei capitali si è realizzato, anzi, il valore dello spread dalla fine di novembre è costantemente calato e ora si attesta ad un livello inferiore ai 150 punti (dati aggiornati all’8 dicembre 2016). Nessun problema anche per le azioni, con l’indice FTSE MIB che dopo solo una leggera flessione torna a salire ai livelli di giugno di quest’anno, dopo l’annuncio di Mario Draghi di voler proseguire l’azione della BCE di sostegno alle banche anche per il 2017 tramite il programma Quantitative Easing. Ciò testimonia il fatto che non sono i capricci dei mercati a dettare le regole, ma le decisioni politiche di chi dovrebbe sostenere l’economia e spesso non lo fa, oppure come in questo caso lo fa nel modo scorretto e solo in minima parte, adottando politiche monetarie che difendono unicamente gli istituti finanziari e non politiche fiscali espansive per il rilancio dell’economia reale, prerogativa che è negata alle nazioni che fanno parte dell’eurozona tramite i vincoli di bilancio.

 

Ciò a cui ora bisogna puntare è molto di più. Innanzitutto bisogna comprendere come uno stato a moneta sovrana di fatto prima spende la sua moneta (creandola dal nulla) e solo in un secondo momento la raccoglie con le tasse o la vendita di titoli, che sono meri strumenti rispettivamente di politica fiscale e monetaria e mai sono realmente necessari allo stato per finanziarsi. In queste condizioni una nazione può attuare la piena democrazia e sostenere l’economia reale fino ad arrivare alla piena occupazione e alla piena tutela dei diritti sociali di tutte le classi, senza dover sottostare al giogo della dittatura del mercati dei capitali e questa è ora la situazione nella quale si trovano tutti gli stati che hanno adottato l’euro, moneta di fatto straniera che gli stessi possono solo prendere in prestito dalle banche, che hanno quindi il potere di dettare le politiche neoliberiste ai governi nel nome di quella logica che nega il ruolo dello stato nel difendere il benessere economico e sociale della popolazione. Tutto ciò avviene al fine di permettere movimentazioni dei capitali senza controllo e senza rischi di cambio, speculazioni e contenimenti dei diritti dei lavoratori nel nome delle politiche del super-export che fanno l’interesse solo delle grandi aziende esportatrici e che si basano sulla distruzione della domanda interna, con salari da fame come quelli pagati in Germania coi cosiddetti “minijob”, contratti che prevedono una paga pari a 450 euro al mese senza garanzie e che vengono applicati ad un quinto del totale della forza lavoro di quel paese.

E’ quindi necessario un pieno recupero della sovranità politica e monetaria da parte dell’Italia, che costituisce la soluzione migliore dal punto di vista tecnico e l’unica credibile da un punto di vista politico per uscire da questa trappola nella quale ci troviamo.

 

Una vera riforma della costituzione su questo avrebbe dovuto basarsi, con importati interventi volti alla difesa della nostra libertà e democrazia, quali l’inserimento del vincolo di mandato per i nostri rappresentanti in parlamento, la non possibilità di limitare la nostra sovranità economica, l’annullamento di tutti i punti nei quali è stato introdotto il pareggio di bilancio in costituzione (lo stato che dà 100 soldi e toglie 100 soldi al settore di cittadini ed aziende, rendendo impossibile l’aumento della domanda aggregata interna che è il motore dell’economia reale), la modifica dell’articolo 117 con l’eliminazione di ogni riferimento alle cessioni di sovranità ad istituzioni internazionali e la possibilità di indire referendum senza quorum su tutte le questioni, compresi i trattati internazionali che possono manifestarsi uno strumento di distruzione della libertà e della dignità dei popoli.

 

Ma considerando l’enorme distanza che in questo momento esiste tra il mondo della politica e degli intellettuali e il sentire comune, molto meglio per il momento tenerci la costituzione che abbiamo e che siamo riusciti comunque a difendere da un vero e proprio stravolgimento, che avrebbe portato all’ingovernabilità interna con la contestuale svendita ulteriore della nostra sovranità per il tramite di governi tecnici non eletti da nessuno e sempre pronti ad attuare le politiche ed i vincoli UE, la vera causa della crisi in cui ci troviamo ormai da dieci anni (se dobbiamo parlare solo di quella economica).

 

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